[as time goes by]

Che poi comunque questa cosa del tempo che scorre a suo piacimento, insindacabile giudizio e sintomatico mistero andrebbe indagata meglio.

No, perché io son capace di farmi la doccia senza sprecare acqua, io c’ero negli anni Novanta con l’austerity acquatica e il razionamento dalle 6 a mezzogiorno, vi ho scassato le palle per ventotto estati di seguito a voi che pensavate di venire qui in vacanza a riposarvi e invece vi ritrovavate con una psicopatica che sbucava dallo scarico a dirvi “ti stai insaponando, vero? e perché non l’hai chiusa, che ora non ti serve?”, è lì che vi sono venuti i primi capelli bianchi, da lì v’è venuta la fissa che non ci andate più a farvi la doccia senza portarvi una mazza da baseball, che poi tutti a scialare di fantasie monster sulle possibili combinazioni tra un essere umano adulto e nudo e una mazza da baseball, invece no, po’re stelle, vi serviva solo per chetare la mujāhidīn dell’acqua, quindi su questo vado sul sicuro, davvero.

Però questa faccenda del tempo va risolta, non è possibile che ogni volta che c’è di mezzo una doccia, una vasca o altra attività ludica equipollente per grado e concentrazione di umidità tre ore sembrino dieci minuti, e poi quando c’è da rompersi le palle a riunioni dove l’ultima cosa liquida che s’è vista è il sudore che ha lasciato l’alone sotto le ascelle della camicia di quello che parla più a vanvera, ed è stato nel ’76, ecco, non è possibile che lì ogni minuto duri un semestre.

Poi, voglio dire, se voialtri siete tutti creature aride e pragmatiche, che non ho mai capito che cazzo voglia dire ma ha un suono cattivo, e siete capaci di fare tutto quello che dovete senza che un pensiero vi attraversi fuori dalle strisce come uno zebù all’improvviso, che tu pensi “cazzo, uno zebù, e quando mi ricapita, fammi un po’ vedere dove sta andando”, e di zebù in zebù finisce che facciamo tardi anche se magari era un appuntamento a cui tenevamo (e quindi non avevamo detto “cinque minuti” o “sto parcheggiando” quando ancora non ci eravamo manco mossi dal letto, ché quelle son le cose che si dicono a quelli di cui non ce ne frega niente. D’altra parte, se siete di quelli con cui abbiamo degli appuntamenti a cui teniamo potete star certi che se vi raccontiamo che abbiamo bucato e ci si è accostata la stradale per chiederci se abbiamo pagato l’occupazione del suolo pubblico, convinti che stiamo allestendo un mercatino con le cose che stiamo togliendo dal bagagliaio per arrivare alla ruota di scorta prima di ricordarci che è agganciata SOTTO e non c’era bisogno di, e che comunque non ci multano solo perché tanto stanno arrivando i NAS, al che noi decidiamo di lasciar perdere la ruota e di prendere l’autobus, beccando ovviamente l’unico giorno all’anno in cui ha il percorso deviato per via della processione rionale, potete star certi che è vero), beh, insomma, se quando siete nati non vi ha portato una cicogna ma un cucù e siete tra i depositari dei segreti di quella cosa assurda che chiamano puntualità, potreste almeno avere la creanza di provare a condividerli con noi.

Fate solo in modo di raccontarcela in maniera interessante, però, perché altrimenti al primo zebù che passa è finita.

…sì, ma perché son finita a parlare del tempo pur non essendo un suddito di Sua Maestà Britannica?

Ah, giusto, perché ho visto questa.

E ora, se foste così gentili da guardarmi un attimo lo zebù, andrei a finire il comunicato che dovevo finire due ore fa.

Compermesso.